Duecentosessanta poltrone per due
A Sexual Fantasy
Era una sera di agosto, desolata e torrida. Vagavamo senza meta. Al cinema davano una commediola americana, non particolarmente interessante, e la proiezione era iniziata da qualche minuto. Scherzammo sul fatto di entrare, ma giusto per approfittare dell'aria condizionata. Avevamo altri standard, in fatto di film. Avremmo proseguito con la nostra passeggiata, se il ragazzo del botteghino non fosse intervenuto per informarci di qualcosa di incredibile: la sala riapriva quel giorno, dopo la chiusura estiva, ma per errore né i giornali, né internet, e nemmeno il televideo avevano dato la notizia. Nessuno lo sapeva. Dentro non c'era anima viva, ma duecentosessanta poltrone a nostra disposizione, se desideravamo. E come potevamo lasciarci scappare una simile occasione? In città non c'era niente da fare, in fondo, e non avevamo programmi. Entrammo. Il buio della sala, le file vuote, il suono avvolgente degli altoparlanti, la frescura dei condizionatori invitavano a lasciarsi andare; una volta raggiunti i nostri posti ci appiccicammo subito, dandoci di lingua come due scolaretti in fregola. Solo che, quella sera, dopo esserci abituati all'insolita situazione, certi ormai che non sarebbe più entrato nessuno, prendemmo coraggio; e lei, liberatasi di reggiseno e mutandine, sollevata la gonna, si sedette su di me. Fu una scopata lenta e lunga, surreale, dilatata ai limiti della frustrazione. Una delle migliori di sempre, francamente. Senza obiettivi né direzione. Lei sopra, per tutto il tempo, a volte rivolta verso lo schermo, a volte verso di me. Ci lasciavamo andare entrambi, con movimenti fluidi e sonnolenti, al puro piacere del qui ed ora. Una gran goduria. Non mi ricordo nemmeno una scena, del film, solo che ogni tanto qualche battuta attirava la nostra attenzione. Ma era questione di un attimo. Se era lei, a distrarsi, bastava che me la stringessi contro bene, e che dessi colpi pesanti, colpi profondi, che la scuotessero dal di dentro. Quando succedeva a me, mi sentivo subito torcere prepotentemente la testa. Era lei che mi reclamava a sé, che mi baciava più a fondo. E riprendevamo subito a fare l'amore. Meglio di prima. Ci fu persino l'intervallo (immagino che la sala avesse un programma temporizzato e automatico); le luci si accesero sul più bello, facendoci prendere un colpo. Saggiamente, però, il ragazzo del botteghino decise di non scendere in sala con bomboniere e popcorn. Ho un ricordo talmente confuso di quella serata che non saprei dire nemmeno com'è finita. Nella mia memoria c'è solo questa sensazione onirica, di sesso lento e denso, che ci invischiava come un liquido amniotico, in cui ci agitavamo mollemente e senza alcuna fretta. Forse, man mano che scorreva la proiezione, quel movimento si è spento da solo. Forse non c'è stato alcun climax. A volte non è importante. È successo tanti anni fa, ma se chiudo gli occhi mi sembra quasi di poterlo rivivere.
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